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Archive for the ‘– secondi piatti’ Category

 

Ricetta ritagliata tempo fa da una rivista. Appartiene ai “foglietti sparsi” di ricette prese qua e là annotate a mano su pezzi di carta, ritagli ingialliti di riviste e giornali, fogli che si aggiungono a fogli conservati disordinatamente in una vecchia scatola di latta di biscottini di Novara.

Ingredienti: 400 g di filetti di nasello puliti senza pelle nè spine, o surgelati, un panino raffermo, prezzemolo, un cipollotto fresco, 1 cucchiaio di capperi, 1 cucchiaio di olive nere, una scorza di limone, peperoncino piccante in polvere, olio, sale

Tagliate a bocconcini i filetti di nasello. Togliete la crosta al panino raffermo, spezzettatelo e passatelo al mixer assieme a un ciuffo di prezzemolo, il cipollotto a pezzi, la scorza di limone e i capperi. Unite le olive a pezzetti, il peperoncino, un pizzico di sale e mescolate . Asciugate i bocconcini di nasello, spennellateli di olio e passateli nel miscuglio aromatico facendolo aderire bene.
Sistemateli in una teglia da forno unta di olio e fateli dorare in forno caldo a 200° per 20 minuti (10 minuti per parte)

Nota
Buoni e gustosi anche cucinati con i filetti decongelati.

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Prendete della buona salsiccia e tagliatela della lunghezza di 2-3 centimetri. Fatela cuocere con uno spicchio d’aglio in una padella appena unta di olio.
Mentre la salsiccia cuoce, tagliate il ciuffo delle foglie che cucinerete a parte, sbucciate le rape e tagliatele a cubetti non troppo piccoli. In una padella antiaderente farle leggermente dorare con un poco di  olio d’oliva. Continuate la cottura adagio con due cucchiai di acqua se necessario.  Devono diventare tenere ma i cubetti non devono disfarsi. Cospargete con qualche cucchiaio di zucchero, mescolate  e lasciate caramellare. Servite subito le rape ben calde accompagnate dai tocchetti di salsiccia.

Ci sono rape nel nostro orto grosse e carnose,  di un bel colore violetto. La rapa, della stessa famiglia del cavolo, è un  ortaggio della cucina povera tradizionale. Fin dal medioevo le rape sono state la base dell’alimentazione contadina in inverno anche grazie al loro lungo periodo di conservazione. E’ una verdura che ama il clima freddo per questo è diffuso e consumato nel nord Europa, soprattutto in Scozia, Olanda e Francia.
Della rapa non si spreca nulla, si consuma sia la radice che le foglie. La polpa bianca e croccante ha un sapore dolceamaro, a volte un pò pungente, un sapore particolare che non piace a tutti. Alcune persone mi guardano stupite e mi dicono:” Ma tu mangi le rape?!” e forse  non le hanno mai assaggiate. Al mercato sono vendute per lo più dai contadini. Caterina,  che arriva da Montà d’Alba, ne porta sempre una cassettina, ma a comprarle sono le donne di una certa età.

 

Curiosità e Virtù della rapa

La rapa, nome scientifico Brassica rapa, viene raccolta in primavera o in autunno, a seconda della varietà. La buccia è bianca, ma alcune varietà hanno sfumature violacee. Da non confondere con la rapa rossa che è la barbabietola, nè con la cima di rapa,  che viene coltivata per l’uso delle infiorescenze e delle foglie.
Ha un alto contenuto di acqua, circa il 90%, contiene molta vitamina C ma è di scarso valore nutritivo

La rapa di Caprauna, di presidio Slowfood, è di una dolcezza particolare. Caprauna è un  paesino piccolissimo dell’alta Val Tanaro situato a 900 mt. di altezza tra Piemonte e Liguria. Sul territorio sono presenti antichi terrazzamenti retti da muretti di pietra a secco. Dopo il primo raccolto di cereali i contadini seminavano sulle stoppie le rape, che venivano raccolte nel periodo invernale e vendute nei mercati della Val Tanaro e della vicina Liguria dove erano conosciute per la loro dolcezza. Le foglie in dialetto denominate “gambe” ( le piante secche) venivano bruciate la sera di S. Giovanni davanti alle abitazioni e la cenere cosparsa sull’uscio per tenere lontane le formiche.

La rapa ha un’azione mucolitica, se assunta centrifugata con un cucchiaino di miele è un ottimo rimedio contro la tosse  

 

 

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Un altro piatto con le zucchine. La produzione a km O è abbondante, nell’orto stanno crescendo anche le melanzane, grosse e tonde come un pallone.  Di un bel verde-rosato sono i pomodori, che per maturare aspettano il caldo che ancora non c’è. L’estate vera si fa attendere, e tutti a chiederci:  ma dov’è quell’afa terribile di fine luglio che rende spossanti e opache le giornate, dove si boccheggia appiccicosi e non si vorrebbe nient’altro che un filo d’aria. Qui la temperatura non è proprio estiva, stamattina il termometro segna 15 gradi, e non abito in montagna.

 Intanto, in assenza di afa il vento leggero rende il cielo bellissimo, di un azzurro intenso solcato da nuvole bianche e spumose

 

e i colori brillanti dei fiori richiamano gli insetti che  instancabili si posano su ogni fiore

 In questa estate anomala si cucina meglio, accendere il forno non è un problema , anzi è quasi piacevole. Sto sperimentando nuovi piatti con le verdure, questo è simile a una parmigiana ma le verdure non sono fritte, quindi più leggero e digeribile.

 

 

le dosi sono per 4 persone

Ingredienti:  700 g di zucchine non molto grosse, 1 ciuffo di prezzemolo e 1 di basilico,  salsa di pomodoro, 1 spicchio d’aglio, 250 g di mozzarella, 4 cucchiai di parmigiano grattugiato, olio evo, sale, pepe

Lavate le zucchine e tagliatele a fettine lunghe dello spessore di 5 mm. Fatele bollire 3 minuti, scolatele e tamponatele.

Tritate insieme aglio prezzemolo e basilico. Tagliate a fettine sottili la mozzarella, Ungete con poco olio un recipiente da forno adatto per farvi stare le zucchine in due strati.

Ponete sul fondo uno strato di zucchine, spolverizzatele con il trito aromatico, aggiungete un pizzico di sale e pepe, mettete sopra le fettine di  mozzarella e qualche cucchiaio di salsa di pomodoro (di seguito la ricetta), 1 cucchiaio d’olio e due cucchiai di parmigiano. Fate un altro strato di zucchine come sopra. Terminate con due cucchiai di parmigiano e un filo d’olio.

Cuocete in forno già caldo a 180° per 40 minuti.

E’ un piatto da mangiare sia caldo che tiepido, è buono anche il giorno dopo (se avanza).

La salsa di pomodoro veloce, io la preparo così.

Faccio cuocere 1/2 kg di pomodori senza buccia nè semi con aglio e cipolla tritati per 20-30 minuti, frullo con il minipimer e cospargo di basilico tritato e un filo di olio evo.

 

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I caponèt della cucina tradizionale langarola sono  i fiori di zucchina ripieni di carne e salame cotto, mentre i pes-coj o pess-coj sono involtini di foglie di verza, ma il ripieno è sostanzialmente lo stesso. 

Nel Canavese, dove sono nata, i caponèt o capunèt sono inequivocabilmente gli involtini di foglie di verza, ed è un piatto invernale. Anni addietro, in queste campagne, ogni famiglia contadina allevava il “suo” maiale da macellare in inverno, un sacrificio propiziatorio per esorcizzare la paura di difficoltà e carestie, che avrebbe assicurato il sostentamento, di carne e salumi, nei mesi più freddi dell’anno. Al termine della macellazione, quasi un rito che durava due giorni, quando i salami erano insaccati e appesi ad asciugare, era tradizione di ogni casa e di ogni famiglia festeggiare la “cena del maiale” insieme a parenti ed amici venuti ad aiutare. Era un evento atteso, una festa che spesso si celebrava dentro cucine fumose e odorose di spezie, di cibo, di semplicità e cose buone. Le donne di casa cucinavano. Il piatto più importante della cena era il fritto misto, piatto unico dolce-salato creato  per  consumare alcune parti del maiale rimaste dalla macellazione, aggiungendo frutta e verdura coltivata nell’orto e qualche  dolce preparato con vecchie ricette tramandate dalle nonne.

Nello stesso periodo invernale, con il cavolo verza raccolto nell’orto si preparavano i capunèt. Nel ripieno insieme alla carne di maiale tritata, si usavano sovente avanzi di carne cucinata mischiati a pane e uova. Tutto quanto era  inconsapevolmente e biologicamente  autoprodotto.

Nel farcia di questi fagottini, pensati per un riutilizzo di carni,  possono entrare avanzi di vari arrosti, di pollo,di salame crudo o cotto.

Fiore Belletti, nel suo libro di ricette tradizionali  Cucina del Canavese, sostituisce il ripieno di carne con il salam d’la duja che li rende molto saporiti. 

 

 

 

Caponèt

le dosi sono per 10-12  foglie

Ingredienti:  foglie di cavolo verza, 150 g di carne di vitello, 150 g di carne di maiale, 50 g di salsiccia, 2 uova, 1 pagnottina di pane raffermo, 3 cucchiai di parmigiano, sale, pepe, noce moscata, aglio, olio

Sfogliate delicatamente il cavolo, tenendo da parte le foglie più belle e fatele bollire in acqua leggermente salata pochi minuti (devono rimanere croccanti). Scolatele e allargatele su un canovaccio ad asciugare.

Mettete a bagno nel latte il pane raffermo.

Sbriciolate la salsiccia con le carni e soffriggete con un filo d’olio in padella cinque minuti. Versate in una ciotola, aggiungete le uova, il pane strizzato, il parmigiano, sale, pepe, noce moscata e poco aglio tritato. Amalgamate bene il composto.

Disponete il ripieno sulle foglie di cavolo e avvolgetele delicatamente  fissandole con uno stecchino.

Mettete i fagottini ottenuti  in una padella con qualche cucchiaio d’olio e fateli dorare lentamente dai due lati per  circa 15-20 minuti.

 

 

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